I doni di Froebel


9.11.12




fonte:  http://www-5.unipv.it/lezcose/index.php?view=oggetto&id=49
Cominciamo dall'inizio.  Oggi, avendo appena superato il chiamato "secolo dei bambini", nel quale si è lungamente sviluppata l'attenzione verso il mondo dell'infanzia e la creazione di oggetti e prodotti appositi per i bambini, abbiamo forse perso di vista l'origine di tutto questo.  Per noi è abitudine, oramai socialmente riconosciuta ed accettata, portare i nostri piccoli al nido, farli fare i più svariati e variopinti "laboratori" e regalarli "giochi creativi" o "giochi didattici". Oramai abbiamo assunto come verità quasi indiscussa che "il gioco è uno strumento educativo", che "attraverso il gioco il bambino impara" o che "il gioco per i bambini è una cosa molto seria".  Ma da quando abbiamo questa consapevolezza?. 


L'attenzione pedagogica alla prima infanzia inizia con Rousseau e Pestalozzi.  Stiamo nella seconda mettà del settecento, in pieno illuminismo.  Da loro siamo debitori di una visione del bambino positivista, e dall'ultimo di una visione del bambino non come un oggetto passivo, ma come soggetto attivo della propria educazione partendo dalle sue intuizioni.
Ma è merito di Friedrich Fröbel (1782-1852), giovane che aveva lavorato insieme a Pestalozzi, la traduzione di queste intuizioni pedagogiche in istituzioni scolastiche.  E' stato lui a fondare il primo “giardino generale tedesco dell'infanzia” a Blankenburg nel 1840, ed è stato lui ad assumere il gioco come strumento educativoPersonaggio affascinante, ha avuto il grande merito di aver compreso la ricchezza e la vitalità dell’infanzia e di aver visto in essa una preziosa riserva di saggezza e di vita, alla quale è bene che gli adulti attingano.
Ma agli effetti della mia umile ricerca in quanto architetto, e quindi interessata alla "materia", vorrei soffermarmi soltanto ai suoi "doni".


Il termine tedesco  Spielgaben è stato tradotto in inglese come "gifts", in italiano "doni di gioco" o sempllicemente "doni".  Ho trovato questa interpretazione che mi sembra molto bella:    "Credo che una più interna versione di Gaben possa essere “etwas gegeben” cioè “qualcosa che si dà” (cioè le cose che si danno) per giocare, vale a dire oggetti per un’attività che - nel caso dell’infanzia - si manifesta nel gioco".  
http://www-5.unipv.it/lezcose/index.php?view=oggetto&l=ita&id=48
I "doni" possiamo dire che sono stati i primi giochi didattici. Erano oggetti di legno confezionati accuratamente in delle scatoline (come se fossero proprio dei regali) che venivano offerti ai più piccoli in una determinata frequenza.  Froebel definì sette, ma i suoi collaboratori ampliarono l'elenco incorporando altri giochi manuali che venivano utilizzati nei suoi giardini d'infanzia.
Presto divennero molto populari ed ancora oggi sono in produzione.

Questi oggetti avevano un alto contenuto metafisico e simbolico.  Attraverso la manipulazione di queste forme perfettamente geometriche Froebel pretendeva che il bambino arrivasse al "presentimento" del concetto di "Unità", un'idea che torna spesso nella sua concezione pedagogica e che ha a che vedere con l'intuizione dell'idea di Dio.  E' stato questo l'aspetto che ha determinato poi una distanza critica verso i doni da parte  delle sucessive generazioni di pedagogi, iniziando dalle sorelle Agazzi.  Ma rimane innegabile la loro grande validità didattica anche volendo eliminare tutti i contenuti simbolici che essi racchiudevano.  Cioè la loro validità in quanto "cose".
D'altronde da un punto di vista strettamente estetico e formale sono meravigliosi.  Le loro dimensioni sono perfettamente in rapporto alle capacità dei piccoli di manipolarle e nel progredire dell'offerta passano da una manipolazione che pretende il riconoscimento della forma allo sviluppo di una motricità fine.  E infine la loro perfezione geometrica e la loro qualità tattile è quello che li rende ancora oggi perfettamente contemporanei.


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