progettazione partecipata con i bambini, ne vale la pena?


22.2.13



La convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia, stipulata a New York nel 1989, (ratificata in Italia dalla legge 27 maggio 1991, n. 1761) riconosce i bambini come cittadini a cui spetta il diritto di esprimere liberamente la propria opinione su ogni questione che lo interessa nonché l’accessibilità ad occasioni di partecipazione ed opportunità di autodeterminazione.

I diritti di espressione e partecipazione dei bambini sono sempre più riconosciuti e valorizzati. A livello internazionale possiamo brevemente citare la Carta delle città educative 1991, stipulata dopo il 1° Congresso Internazionale delle Città Educative, tenutosi a Barcellona nel novembre 1990; il documento presentato dall'Unicef,  Habitat II da un gruppo di esperti (Isatanbul, 1996); l’Agenda XXI, documento prodotto dopo la Conferenza mondiale delle Nazioni Unite su Ambiente e
Sviluppo, tenutasi a Rio de Janeiro nel giugno del 1992, tra i più importanti.

Nel corso di pochi anni si assiste all’affermarsi di una nuova cultura dell’infanzia, al riconoscimento della città come fondamentale per l’educazione dei cittadini, e della partecipazione  come strumento utile per lo sviluppo sostenibile dell’ambiente e per la creazione di un vero sistema democratico, che coinvolge i propri cittadini producendo maggiore soddisfazione e senso di appartenenza.

In Italia le esperienze di progettazione partecipata con bambini a livello di microurbanismo o in scuole sono sempre più numerose, iniziando dal progetto “Città sostenibili delle bambine e dei bambini", del Ministero dell'Ambiente,  passando per un sempre maggior numero di progetti, di cui voglio citare solo "La Città dei Bambini", sul quale ho parlato in diversi post.

Ma come è possibile coinvolgere i bambini in un processo di progettazione partecipata e, soprattutto, perchè è importante che loro partecipino?.




Ascoltare i bambini non è tanto facile.  Spesso ci dicono le cose come la pensano loro ma le interpretiamo a modo nostro, o semplicemente pensiamo che è meglio il nostro punto di vista perchè abbiamo più esperienza e sappiamo quello che a loro serve.  In ogni caso chi ha poi il potere decisionale siamo sempre gli adulti, dunque sta a noi creare i giusti stimoli nei piccoli e, in una comunicazione multidirezionale, offrire la disponibilità all’osservazione e all’ascolto delle risposte dei bambini.

Mi sembra interessante fare cenno al lavoro di Roger A. Hart, forse l'analisi più completa del processo di partecipazione (in progetti urbani) dei bambini, nella sua pubblicazione dell'Unicef del 1992:  "Children's participation, from tokenism to citizenship".  Hart individua sette livelli di partecipazione (ma solo negli ultimi quattro si parla di vera a propria partecipazione) che vanno dalla manipolazione (ovvero la consultazione leggera e successiva realizzazione senza che sia dato alcun feedback.) alla progettazione in proprio da parte dei destinatari, dove i bambini avviano il progetto e promuovono forme di cooperazione con gli adulti.  Da questa analisi possiamo trarre che i processi di partecipazione con bambini non sono così semplici e ci vuole una vera apertura da parte dell' adulto per accogliere sinceramente le loro idee ed osservazioni, ed una grande onestà e trasparenza nell'informarli a priori della complessità del processo progettuale in una forma realistica e delle scelte prese e le loro motivazioni.

Ma perchè può essere importante la partecipazione dei bambini?.  Quali possono essere i vantaggi per i bambini e per gli adulti di questa inclusione?. 

La maggior parte degli esperti che promuovono questa pratica coincidono sull'idea che  partecipare è un processo educativo e civico positivo per i bambini, porta nuove conoscenze e capacità, crea dialoghi intergenerazionali e interculturali, introduce nuove variabili progettuali e stimola la diffusione di una nuova democrazia più diretta e duratura.  In un documento prodotto nel 2001:  Perchè i bambini dovrebbero progettare?, Francesco Tonucci individua tre motivazioni principali: il valore EDUCATIVO, aumentando il senso di appartenenza i bambini imparano a condividere responsabilità e diritti; la creazione di una forma autentica di democrazia, pronta a sviluppare una capacità di ascolto dei bisogni delle fasce più deboli; e il terzo è il valore che ha in sè il contributo dei bambini, le loro idee che sono spesso sensibili, creative e innovative.

Oltre tutto, come architetto, mi sembra che una pratica del genere possa essere di grande aiuto per il bambino da un punto di vista didattico perchè lo stimola  a realizzare  azioni complesse come l'astrazione, la rappresentazione grafica delle proprie idee, la rappresentazione a scala, la conoscenza dei limiti e delle problematiche di un progetto, la natura e caratteristiche dei materiali, l'uso dei colori, ecc, ed infine, nel vedere realizzata l'opera finale e riconoscere in esssa i propri contributi, gli aiuti ad acrescere la propria autostima, a dare valore alle proprie idee.

Solo che, nel nostro piccolo, all'interno delle nostre case mi domando: Quanto partecipano effettivamente i bambini nelle questioni che li riguardano?,  e come partecipano?, quanto ascoltiamo l'opinione dei nostri bambini?, quanto sono coinvolti nello scegliere la disposizione della propria stanza, i colori, i mobili?, e quanto ci dicono delle cose di casa che gli stanno scomode, alle quali non hanno acceso?









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