più piccolo è, più bello è!


19.9.12




Con la notizia della gravidanza gemellare (che io e il mio compagno abbiamo superato sensa ricoveri in ospedale, per fortuna) è cambiato ovviamente tutto il panorama della nostra vita familiare.  Da un minuto all'altro la casa è diventata troppo piccola, la macchina troppo piccola, le trasferte al Venezuela lontanissime e il desideratissimo viaggio a New York si è perso completamente di vista in un orizzonte sempre più irraggiungibile.  Superato (tanto per dire) lo shock iniziale ci siamo seduti a tavolino, fatto i conti con le nostre possibilità, e dopo mesi di ricerca siamo riuciti a concretizzare gli obbiettivi che ci eravamo posti:  abbiamo cambiato casa, cambiato macchina, e, prima o poi, acquisteremo anche la mega tenda da campeggio.
Pensavo ingenuamente che per mia figlia grande lo stravolgimento familiare che ha comportato l'arrivo dei fratellini sarebbe stato almeno compensato da questi indiscussi vantaggi:  la stanza tutta per lei, la casa più grande, la macchina più grande.  Un ragionamento tutto da adulto, ma che non c'entra niente con il suo modo di vedere le cose.  Per lei, semplicemente, più piccolo è, più bello è.  Ancora oggi continua a preferire la nostra vecchia "casetta" perchè aveva il pavimento più caldo (in legno e non in marmo), perchè sul frigo si potevamo appiccicare le calamite e perchè era più piccola, può accogliente, più bella.  Anche la nostra vecchia Clio blu era più carina rispetto alla nuova Kangoo. 
Certo, uno può sempre pensare che lei soffre la nostalgia di un periodo d'oro, quando mamma e papà giravano esclusivamente intorno a lei.  Ma dialogando con altri bambini ho verificato diverse volte la stessa risposta: "quello più piccolo mi piace di più".  E' come se negli spazi contenuti riuscissero meglio a misurarsi con la propria dimensione.  Come se avessero più controllo del mondo che li circonda se riescono ad occuparlo, se questo diventa immediato.  Come se la dispersione dello spazio gli rendesse ancora più piccoli, ancora più fragili.

Impossibile evitare di pensare all'abitacolo di Munari come mobile arredo che risponde a questa esigenza.  Uno spazio personale e personalizzabile, al tempo stesso aperto e contenuto, dove gli oggetti diventano insieme al bambino gli abitanti  (quasi esseri viventi) del suo intimo microcosmos.

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