what she can be


3.6.13


Venerdì scorso, ora di cena.  Di solito quando stiamo seduti a tavola  i discorsi  vengono e vanno sugli argomenti più variati, scambi tra me e papà di lavoro, i due terremoti che parlano di elicotteri ed aerei, Marta che racconta in pillole le piccole avventure della giornata a scuola.  Venerdì scorso, però,  c'e stata la festa di fine anno scolastico e a tavola non parlavamo d'altro.   Raccontavo i particolari a papà e ai piccoli, rimasti a casa per il brutto tempo.  A un certo punto Marta schioda lo sguardo dal piatto e aggiunge le sue impressioni:

M:  -Ci sono stati anche i premi di matematica,
io:  ah, si, hanno consegnato i premi delle gare di matematica ai bambini di quarta e quinta elementare
M:  -il primo posto lo ha vinto un bambino, poi due pari merito per i secondi posto e poi altri due per il terzo posto ...e c'era pure una bambina,

...e fino a qui tutto va bene, la cena continuava a scorrere tra una forchettata e l'altra senza tensioni quando così, distrattamente, mi ha colpito il commento di Marta:

M:  hai capito papa?, Una BAMBINA!, ce l'ha fatta, era pure una bambina e ce l'ha fatta!

Naturalmente io sono partita a razzo, il padre in silenzio sapeva benissimo che sarebbe arrivata quella mia reazione.  Non parlavo più serenamente come prima, sicuramente dal mio tono di voce si capiva che le parole di Marta mi avevano fatto innervosire:

io:  Marta che vuol dire?, una bambina, un bambino, è la stessa cosa, non vuol dire niente, tutti e due possono essere bravissimi in matematica. 

M:  si, lo so, ma era una femmina capisci?



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In effetti tante cose bisogna capire, e tante altre che non riuscirò mai a capire neanche io.

 Ma perché mia figlia a sette anni si sente già meno capace dei suoi compagni maschi?.  Perché presuppone che sarebbe stato più difficile per una bambina vincere il premio di matematica?.   Da dove vengono i suoi pregiudizi, chi gliel'ha insegnati, come fanno ad essere così ferrei, così determinati?

I discorsi di genere non esistono a casa mia.  Non esistono nelle parole ma neanche nei fatti visto che siamo due professionisti che lavorano insieme e insieme si dividono le fatiche della casa. Non sono la mamma che desiderava il figlio maschio, anzi, se avevamo qualche preferenza sicuramente era per le femmine, abbiamo sempre valorizzato le capacità del nostro genere in positivo, abbiamo sempre cercato di stimolare Marta a sviluppare i suoi talenti, la sua intelligenza,ecc.  Eppure.

Perché si rivela così nitida, implacabile, irrimediabilmente presente già da sette anni questa insicurezza atavica, questo "sentirsi meno" che sembra radicarsi nel più profondo della sua anima e con (e contro) il quale dovrà imparare a convivere e a lottare tutta la sua vita?.

Prendo un libricino da colorare di Marta, uno qualsiasi, uno dei tanti.  Questo glielo aveva regalato la zia, ma avrebbe potuto regalarglielo chiunque visto che di questo genere di libri sono tappezzate le librerie, i giornalai, le cartolerie.  Barbie color, il tema "I can be", e si presenta così:

"Ciao!, come sai ho tantissime passioni:  adoro gli animali, vado matta per la musica rock, mi diletto a cucinare e pratico tanti sport diversi!.  E a te cosa piace fare?.  In questo album mi sono divertita a elencare tutte le mie attività preferite per scoprire insieme quante bellissime cose si possono fare nella vita!".

E segue l'elenco:   ballerina; programmatrice; pop star; veterinaria; cavalleriza; ballerina di sala,   pilota; pizzaiola; cheerleader; pasticcera. 

Su dieci proposte quattro sono legate al mondo della danza e dello spettacolo, due alla cucina, una all' accudimento, una all'invenzione, una allo sport e una al mondo nettamente maschile:  la pilota.

Non è un discorso nuovo.  Già la Lipperini ne ha parlato in maniera esaustiva in "Ancora dalla parte delle bambine", libro che se non avete già letto correte a comprarlo, una lettura "dolorosamente" necessaria per le madri delle bambine di oggi, ma anche per le madri dei maschietti, visto che siamo tutti soggetti attivi della nostra società e che i modelli di maschi e femmine si costruiscono sempre incastrando l'uno nell'altro.

E si, verifico ogni giorno le osservazioni della Lipperini, come tutto ciò che ci sta attorno ci vende costantemente un'immagine della donna ossessionata dallo shopping e dalla moda, dal proprio corpo e dalla propria bellezza,  una donna alla quale interessa solo il suo potere di seduzione perché è apparentemente l'unico che la può portare ad arrivare da qualche parte anche nella sua carriera professionale, e constato come tutto questo modello nefasto comincia a inserirsi prestissimo, fin dalla prima infanzia, attraverso i giocattoli di genere, le pubblicità che richiamano a stare alla "moda" le bambine acquistando scarpette luccicanti, e continuando insistentemente ad offrirgli come aspirazione vitale la figura della principessa nel suo castello, che deve solo saper essere bella ed aspettare, dormiente o no, l'arrivo del suo eroe.

E dunque, si, possiamo anche essere lucide, mantenere a una certa distanza tutto questo, evitare di incentivare le passione per le Winx o le Barbie, cercare di avvicinarci in modo critico, parlare con le nostre figlie, offrirgli altri modelli, ma non credo ci riusciremo mai a sottrarle dall'immensa macchina commerciale nella quale siamo immersi, da questi schemi sociali che sembrano ancora più che mai voler incastrare maschi e femmine nei loro presunti destini di violenza, aggressività e potere l'uno e di frivolezza, debolezza e dipendenza  l'altro.

E allora vedo mia figlia Marta, bella, intelligente, creativa, con tutti i suoi talenti meravigliosi che a sette anni si sorprende perché "anche" una bambina può vincere un premio in matematica, e capisco solo che "anche" lei ha iniziato il suo percorso, quella lotta inesorabile per dimostrare a noi stesse che siamo "anche" capaci.

E vorrei solo poter sottrarle quell' inutile pensiero, basterebbe solo quello, ma oramai è partita e dovrà scoprirlo da sola. 





23 commenti:

  1. è strano ma un post su quest'argomento è stato scritto da un'altra ragazza proprio ieri o giù di lì (http://gio-mammadilettante.blogspot.it/2013/05/di-latitanze-e-di-pinkizzazione-dei.html)
    capisco il tuo rammarico per non essere riuscita a sottrarla da questa idiota e radicata visione delle cose, che dà ancora più fastidio quando ci si sente lontani anni luce da queste "tipizzazioni", quando tutta la nostra vita e quindi il nostro comunicare stanno sul lato opposto a quello. ma chi è che diceva che i figli non sono "nostri" ma del mondo? io ho avuto un confronto del genere con matteo, quando qualche mese fa mi chiese perchè il rosa è il colore delle femmine (meno male che non lo ha dato per certo ma si è posto la domanda!!). io gli ho risposto che non era vero, che i colori sono di tutti e ognuno sceglie quello che gli piace di più.
    ma più di questo, noi, non possiamo fare. e forse già è molto, cioè dare una possibilità!

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    1. ah... vado a leggermi quel post... si, sono rimasta molto colpita da questo episodio per me dolorosissimo... Sentire che mia figlia già a sette anni abbia interpretato così gli eventi, che mi dimostri questo sentimento di inferiorità, nonostante venga da un contesto famigliare che le ha offerto sempre un'altro modello, mi pone solo davanti ad una realtà che è molto più grande di me, mi dimostra come quel nostro desiderio di liberarla da questi pregiudizi sono solo un'illusione. Ma poi mi sono anche rasserenata. Va bene anche così... questa è la vita e lei dovrà trovare le proprie risposte e scoprire le proprie potenzialità in un percorso che sarà tutto suo. Io cercherò di starle vicino.

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  2. Basta e avanza che tua figlia si sappia sempre capace di fare e (vincere) qualsiasi cosa.
    Se sei donna, sei tutto : )

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    1. Basta solo quello, ma che lo sappia non con la ragione ma con il cuore, cioè senza porsi nemmeno la questione. ;)

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  3. Ciao Adriana, ti ringrazio davvero per essere passata da me, e anche Serena per averti segnalato il mio post. Mi ritrovo molto in quello che dici, e anche nell'apprezzamento per il libro della Lipperini, che se è venuto trent'anni dopo il saggio della Belotti vuol dire che davvero ce n'era bisogno, che pensiamo di aver fatto dei progressi e invece siamo sempre ai blocchi di partenza...che poi ci tengo a dire che io non mi considero una femminista, che penso che siamo e saremo sempre diversi, che non c'è niente di più nobile e bello dell'accudimento dei figli, ma so che se voglio, posso fare tutto, e nessuno mi può dire il contrario. E vorrei che le mie figlie crescessero in un mondo dove è normale che sia così!
    Scusa la foga, ma è un argomento che mi sta troppo a cuore!

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  4. Ciao Gio, benvenuta!. Io credo che c'è ancora molta strada da percorrere, veramente molta ancora. Apparentemente viviamo in una società che riconosce gli stessi diritti indipendentemente dai generi ma in fondo navighiamo ancora con il rettaglio dei vecchi schemi, forse nascosti, non dichiarati, ma presenti. Cominciando proprio dai giocattoli di genere che già da subito iniziano ad incannallare i bambini in un determinato binario, per proseguire con le serie tv per gli adolescenti e via dicendo. Il gioco poi è perfido perchè ti fa sembrare che riconosce la parità dei sessi ma in realtà lavora molto sul archetipo maschio e femmina mettendo quasi sempre le seconde al "servizio" dei primi. E quindi continua a costruire questo "senso di inferiorità" che è la cosa che ho trovato spaventosa e pericolosa nelle parole di mia figlia e che mi fanno pensare che veramente dobbiamo lavorare ancora sodo per costruire una società che sappia riconoscere, apprezzare e rispettare le sue qualità di femmina in quanto femmina, o meglio, che sappia rispettare gli individui, le persone in quanto persone e basta.

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  5. Arrivo da Mamma Dilettante anch'io... non è la prima volta che mi trovo a discutere di queste cose online. Ho un maschio e una femmina, ma sono davvero ancora troppo piccoli per sapere quali influenze avrà la scuola su di loro... la risposta di tua figlia ha spaventato anche me! Chissà quanti pensieri tra qualche anno.
    Non conosco il libro che avete citato, me lo procurerò. Io intanto, molto più banalmente, vorrei consigliare 'ci vogliono le palle per essere una donna'. Non è un saggio, è comico, ma dice molte verità...

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    1. Grande!!!!, hehehe...ci vogliono le palle per essere una donna mi piace!, in effetti è proprio così! ;)

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  6. Grazie Adriana, sottoscrivo tutto ciò che dici! Io ho due femmine, e proprio per evitare (o cercare di evitare) questa assimilazione di schemi sbagliati, tento di proporre loro sempre dei modelli alternativi a quelli classici, a cominciare dai rapporti tra genitori, visto che ho la fortuna di avere un marito che condivide con me al 100% le fatiche e le gioie dell'essere genitore, e non si vergogna di fare la spesa, stendere il bucato, leggere le favole. Così come io faccio quegli straordinari della sera tardi che tanto detesto ma aiutano il menage familiare. Penso che l'esempio sia tutto, e in seconda battuta, aiutare i nostri figli a costruirsi un sano spirito critico

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    1. Brava!, in effetti anch'io penso sempre a questo, penso che alla fine quello che rimarrà più fortemente a loro sono i nostri esempi!.

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    2. assolutamente sì! d'altro canto in natura i mammiferi imparano attraverso l'esempio dei genitori, e anche montessorianamente l'esempio è fondamentale come strumento di apprendimento!

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  7. Io non posso dire niente, perchè come sai ho solo un 3enne. Ma ho notato anch'io che ha già ben chiaro che, secondo lui, il colore rosa e le bambole sono cose da femmine. Eppure a casa non ne abbiamo mai parlato. Mai sottovalutare il poter delle pubblicità tra un cartone animato ed un altro... :-0
    Mah, comunque mi sento di dirti di stare più tranquilla: l'ambiente e l'aria che si respira a casa propria formano il carattere. La presenza dei genitori, i buoni esempi, ed i punti di riferimento servono ad affrontare qualsiasi cosa!

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  8. Il discorso credo sia abbastanza complesso. Io non sono psicologa ma credo che un psicoanalista direbbe che proprio a tre anni i bambini cominciano ad identificarsi con il proprio genere, a "definirsi" maschio o femmina, e quindi a preferire i giochi o i vestiti "da maschio" o "da femmina". Questo in qualche modo gli da sicurezza, gli aiuta a capire meglio chi sono. In questo io non vedo niente di male finchè non ci siano giudizi di valore. Il fatto dell'associazione dei colori incuriosisce anche me, per esempio mio figlio Gerardo a 32 mesi adora il viola, forse perchè non è ancora entrato nella dinamica d'identificazione di un gruppo di colori con un determinato genere, cosa che secondome è tutta una costruzione sociale. Ma comunque si, credo anch'io che la base più solida la diamo noi, e questo certamente mi fa stare più tranquilla ;). Un abbraccio.

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    1. A proposito di colori, ho ritrovato l'articolo di Artscuola a cui facevo riferimento dicendo che già ne avevamo parlato.. anche se in questo caso me la sono presa più con i vestiti (anche i vestiti sono pazzeschi! Ma pensano che la mia piccola sia una Barbie?!): http://artscuola.blogspot.it/2012/02/ispirarsi-alla-natura-per-amare-tutti-i.html

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    2. Grazie Silvia!... è carinissimo il posto, l'ho letto... Il fatto dei colori è pazzesco, questa cosa è talmente entrata nella nostra struttura sociale che non si riesce a trovare alternative. Sono molto pocche, solo alcune marche che trovi su internet... Poi il fatto della Lego io lo trovo un segno preoccupante. Per molti motivi. Per primo perchè la cosa singolare e brillante della Lego era proprio il fatto che con una scatola di mattoncini colorati si poteva costruire quello che volevi. Questa moltiplicità del gioco, questa capacità di inventiva e di libertà che veniva offerta ai bambini era la sua maggiore forza. La sua genialità era tutta lì. Oggi non solo viene tradita la sua natura facendo confezioni di pezzi specifici che hanno un'unica definita funzione ma in più fanno questa distinzione di generi proponendo colori in tonalità pastelli per le femmine e giochi di pasticcera, parruchiera, salone di bellezza, ecc mentre per i maschi si propongono colori vivi in una gamma molto più ampia e vengono invitati a costruire elicotteri, navi spaziali, aerei, insomma, grandi opere d'ingegneria. La cosa poi inquietante è che questo avvenga con una dita danese, cioè da un paese con una cultura e con una tradizione di parità dei sessi molto più lunga rispetto a quella dei paesi mediterranei. Dunque anche i paesi nordici stanno facendo passi indietro?...

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    3. La questione della Lego è forse quella che mi colpisce di più in negativo: le costruzioni non dovrebbero essere un gioco unisex per eccellenza? almeno, nella mia infanzia è stato così, e la riprova ne è il fatto che ci giocassi sempre con mio fratello...
      sui vestiti mi esprimo con tristezza, vedo le scarpe col tacco per bambine, quelle che regalano extension per i capelli, pubblicità con bambine di 7 anni truccate come adulte...perchè vogliamo sessualizzare queste bambine a tutti i costi?
      No, ma sui programmi tv, che passa pure il canale Disney che dovrebbe essere affidabile, cosa vogliamo dire? Avete visto quelle specie di telenovelas per bambine? non sono terribili???

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    4. La Lego negli ultimi anni vendeva molto meno, è per quello che hanno inserito un sacco di nuove serie. Mi piacerebbe che non avessero fatto una pubblicità dichiarando che così 'andavano incontro alle bambine'... e cmq resta il problema di fondo: se la Lego lo fa (e anche la Playmobil, che accanto alla villa classica arancione ora ha messo il villaggio vacanze con tanto di centro estetico) vuol dire che qualcuno le compra.
      E se nel caso dei vestiti si può dire che, in un certo senso, i vestiti rosa sono quelli che costano meno, per i giocattoli la giustificazione non regge...

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    5. la Lego ha seguito un cambiamento nei gusti delle bambine, o ne ha contribuito la modificazione, creando il bisogno di giochi più femminili e quindi differenziati rispetto a quelli da maschietto? Ecci, io mi chiedo anche questo, visto che dal punto di vista dei produttori è una questione di marketing...
      Ma forse, a monte, ci sono le famiglie e in generale la società che stanno orientando le figlie in questa direzione, e i produttori non fanno che cogliere la nuova nicchia che si apre loro davanti

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    6. Gio sono d'accordo con la tua teoria. Anch'io ho l'impressione che i produttori seguono le tendenze sociali e non il contrario. Dunque se questa è la richiesta del pubblico dobbiamo proprio chiederci quale è il ruolo della donna oggi per capire come le bambine si vedono proiettate a futuro. Come cambiare questa tendenza mi pare sia un processo molto lungo che dovrebbe partire da una messa in discussione dell'immagine femminile "comune"... insomma, un processo veramente complesso, ci vorrebbe quasi un post-femminismo...

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  9. Ciao Adriana,
    il tuo post è molto molto interessante, e purtroppo io che lavoro praticamente con soli uomini mi rendo conto che i pregiudizi esistono eccome!!
    Non ho letto il libro "Ancora dalla parte delle bambine" ma lo farò al più presto per poter prepararmi al meglio su quello che dovrò aspettarmi dalla mia piccola Arianna....

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    1. Cara la prospettiva credo sia difficile sia per maschietti che per femminucce, ma forse un po' di più per le seconde. Si, ti consiglio la lettura, forse avrai qualche notte d' insonnia, forse ti annoieranno alcuni pezzi troppo carichi di frustrazione atavica, ma è un libro che legge in maniera molto lucida i meccanismi sociali che girano attorno a questa costruzione della donna oggi e delle future donne di domani. Un abbraccio.

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  10. ripasso adesso, che belle chiacchiere che sono nate!
    concordo completamente sulle vostre analisi: alla fine le aziende seguono la domanda, e quindi il cambiamento della società. però penso anche che un pò ci sguazzino, e lo pilotino. più "specificità" crei, più tipi di prodotto potrai vendere... questo porta però a renderci automatici, quel pezzo serve solo a quel gioco, quel gioco si fa così e basta... non è solo una questione di femmina e maschio nel senso dei "ruoli", ma anche la volontà di creare delle necessità. perchè quando instilli la diversità, crei necessità di omologarsi....

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    1. Brava. Sono d'accordo anchi'io. In effetti non è solo una questione di generi. La specificità impoverisce il gioco perché quel gioco potrà dare solo una risposta, perché non stimola l'immaginazione, e lo scopo è, come dici, aumentare i consumi. Menomale che comunque i bambini di questi giochi si stufano subito e tornano a giocare con un pezzo di carta, con una palla, con una scatola di cartone!. ;)

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