paese piccolo...


7.10.13


Questa estate abbiamo trascorso il mese di Agosto in un piccolissimo paesino della Puglia, le terra di mio marito. E' Il paese dove lui aveva trascorso la sua infanzia, fino a sei anni.  In diverse occasioni abbiamo fatto delle passeggiate insieme ad alcuni suoi zii.  Ogn'uno di loro mentre camminavamo per i piccoli vicoli si dilettava a raccontarmi la propria infanzia.  E' successo in due occasioni diverse, con due adulti diversi.  Un caso?.  Fino ad allora a queste persone le avevo sempre incontrate in contesti domestici, e le avevo viste in forma diversa.  Tra i muri scrostati delle case silenziose, sotto i fili del bucato che attraversavano le stradine da un capo all'altro, il loro sguardo era diverso.  Brillava. Mi parlavano di come quelli stessi vicoli, oggi riservati e silenziosi, un tempo erano densi di abitanti e chiassosi, di come in quelle piccole case abitavano famiglie numerose che trascorrevano le loro giornate per strada, di come gli animali percorrevano inosservati gli stessi vicoli , delle piccole botteghe che riempivano di rumori battenti ogni angolo del paese, dell’enorme quantità di bambini che correvano incessantemente da un lato all’altro.  Mi raccontavano come scivolavano giù a tutta velocità dalle ripide stradine seduti su un improbabile pezzo di legno con tre ruote mal attaccate (una specie di skateboard molto approssimativo), delle battaglie tra le "bande" dei ragazzi, alcune addirittura a colpi di sassi, dei loro giochi semplici con delle palline di gomma che facevano rimbalzare tra i muri delle case, e, mentre continuavano a descrivermi ad ogni passaggio   le più spericolate e intrepide invenzioni,  i loro occhi erano pieni di vitalità, di una energia che non avevo scoperto prima.  Io gli ascoltavo con sincero piacere e loro ricambiavano con un entusiasmo sempre più crescente, come se avere la possibilità di raccontare a qualcuno le proprie avventure gli facesse rivivere quelle emozioni ancora palpitanti.  



In tutti questi racconti i bambini stavano da soli.  In questo contesto così familiare, così intimo per ciascuno, i loro genitori non c’erano.  Le mamme passavano le giornate tra le mura di casa, i padri erano fuori.  Nessuno si aspettava mai, neanche a cinque o sei anni, di avere un genitore alle spalle che curasse e proteggesse i loro movimenti.  Si regolavano da soli, con l’aiuto dei bambini più grandi in situazioni difficili, o con il supporto dei vicini, perché naturalmente si conoscevano tutti.

Io, che mi sono sempre considerata un essere fortemente urbano, che amo la città perchè credo che tutta la sua varietà e complessità ci offra un'immensa ricchezza, sono stata assalita, lo confesso, da una forte nostalgia: dalla triste sensazione che ai miei figli, vivendo in un condominio in una grande città, non potrei mai concedergli neanche una minima parte della libertà alla quale avrebbero diritto. 

Ma è proprio così?.  O meglio, mi domando:  dev'essere così per forza?.  Come vivono i nostri bambini nelle città di oggi?, come viviamo noi?, e perchè?.  Potrebbe cambiare qualcosa?. 
 


Nel prossimo post passerò dal paese piccolo al condominio di città, che non dovrebbero essere molto diversi, secondo me, per un bambino, e invece lo sono. 

9 commenti:

  1. che dire...è una realissima constatazione la tua, per la stragrande maggioranza dei bambini che vivono in città, all'interno di palazzi, dove la strada è uno spazio "pericoloso" e non un punto di ritrovo. in questi paesini le case erano piccole e i figli spesso tanti, e a volte credo non ci fosse neanche una stanza a disposizione esclusiva dei bambini e dei loro giochi. però questa è anche la situazione di questa città, in alcuni quartieri come il mio. la strada è uno spazio aperto di tutti, nei vicoli tutti si conoscono e i bambini si incontrano e giocano per la strada e nelle piazzette intorno. in realtà quando li vedo non mi danno una sensazione di libertà ma di abbandono. bambini troppo piccoli (anche di 3 o 4 anni) si trovano in situazioni in cui non lascerei mai i miei, anche semplicemente attraversare la strada da soli. forse perchè la città non è adatta a questo tipo di rapporto con l'esterno, noi vogliamo tornare a casa e chiudere fuori il traffico e in generale "l'altro". ci sono gruppi di palazzi antichi che al centro hanno un piccolo giardino, e lì il pomeriggio scendono i bambini a giocare: in questo senso si sviluppa la condivisione di uno spazio, ma non di più, la città resta fuori, e a me sembra che oggi non sia possibile fare diversamente.

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  2. Cara Serena, Grazie del tuo commento. Penso che sia questa la sensazione che abbiamo più o meno tutti, che più o meno tutti diamo per scontato che la vita nella città per un bambino oggi deva essere tra le mura domestiche o in contesti sorvegliati e protetti. Per legge in Italia un bambino fino a 12 anni non può essere lasciato da solo in casa, non può passeggiare da solo in città, non può nemmeno salire un ascensore. Se un genitore lo consente può essere processato per abbandono del minore. Ma è giusto che sia così?. Cosa rischiano veramente i bambini e cosa perdono?. Qual è il limite tra libertà ed abbandono?. Perchè è sempre più crescente questa necessità di "chiudersi dall'altro"?.
    I limiti che ci impone il vivere in città sono reali: le macchine e le persone che non conosciamo. Quanto sono veramente limitanti e quanto tendiamo noi a ingigantirli fino a farli diventare paralizzanti?. Queste sono domande che io mi pongo. Non ho risposta, ma mi piace ricordare come ho vissuto io la mia infanzia in un condominio di una grande città dove a sei anni sapevo già attarversare la strada.

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  3. Nel prossimo post ti racconterò come.

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  4. Si, molto spesso ci lasciamo paralizzare dai limiti che ci impone la città ...ma come fare diversamente? Io abito in un piano terra che da direttamente sulla strada e quando usciamo la mattina di casa mi sembra sempre un atto di coraggio lasciare i miei piccoli attraversare da soli e non stretti nella tenaglia del mio abbraccio! Non so se c'è un modo diverso di vivere la città, forse ancora non l'ho trovato ma so che per i bambini la differenza si sente e come: la libertà di muoversi da soli, di stare anche solo un quarto d'ora senza la supervisione di un adulto per loro e' gioia allo stai puro. Quest'estate di ritorno dal mare Cecilia piangeva disperata dicendo che le persone che vivono sull'isola sono fortunate e lei no...credo che infondo si riferisse proprio a questo senso di libertà che a napoli, inevitabilmente , le manca... Aspetto le tue prossime osservazioni urbane.

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    1. Mi dispiace per Cecilia, è bello però hce riesca ad esternare i suoi sentimenti così chiaramente. Anche Marta mi ha ripetuto diversamente che vorrebbe vivere in una città dove non ci siano le macchine. Credo ceh è una forma di saggezza dei bambini che andrebbe più ascoltata. Io adoro Napoli!, la trovo una città bella, dolorosa, affascinante, ma sicuramente non è una città facile per far crescere i bambini.

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    2. è vero tutto quello che dici di napoli: è bella si, ma alle volte fa arrabbiare! non è certo una città a misura di bambino e in alcuni casi nemmeno d'adulto ma "che ci vuoi fare"...io l'ho scelta! Sai come si dice qui: ti piace la bicicletta ...e pedala!

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    3. eh si!... heheh anch'io me lo dico quando penso che volevo il secondo e sono nati i due gemelli!!!!!!!!!!!! tu volevi la bicicleta?... hehe.... anche in salita mi tocca pedalare!

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