una casa KID’S friendly.


31.1.14


Spesso, e sempre di più, si sente parlare di progettare spazi “a misura di bambino”.  Ma siamo sicuri che abbiamo tutti gli stessi criteri nella progettazione di ambienti che tengano conto delle necessità dei più piccoli membri della famiglia?.

Personalmente questa idea la trovo un po’ equivoca, almeno linguisticamente parlando. Cosa vuol dire esattamente disegnare spazi “a misura di bambino”?.  Presa alla lettera una affermazione del genere ci porta direttamente a pensare alla casetta dei sette nani di Biancaneve, dove tutto è piccolo e proporzionale ai fruitori dello spazio.  Ma naturalmente non è questa l’idea.

Una casa non può essere “ a misura di bambino” semplicemente perché loro devono vivere in compagnia degli adulti . Democraticamente parlando i bambini sono solo un altro membro della famiglia e i suoi specifici bisogni devono essere rispettati e presi in considerazione nella stessa misura in cui devono esserlo anche quelli degli altri. Ma l’affermazione la trovo un po’ inadeguata non solo perché sottintende una prevaricazione degli uni sugli altri ma perché ha in sé una forte contraddizione.  Sostanzialmente i bambini hanno un unico grande bisogno, quello di crescere, e vivere in un ambiente di adulti è una spinta, uno stimolo alla crescita.  Forse sarebbe meglio parlare di spazi “a misura di tutti”, oppure “kid’s friendly”, che nella sua formula breve, semplice e diretta, tipica anglosassone, rende l’idea d’inclusione senza però diventare esclusivista. 


 

In ogni caso, a prescindere della correttezza dell’espressione, l’idea sempre più diffusa, per fortuna, di concepire spazi adatti “anche” ai bambini è molto positiva.  Vuol dire prestare attenzione ai bisogni dei più piccoli, che sono specifici e diversi da quelli di un adulto, e con questa attenzione, si spera, aiutarli a crescere. 

Oramai quasi tutti i pedagoghi coincidono nell’affermare che l’autonomia è un aspetto fondamentale per il sano sviluppo psicomotorio di un bambino.  Già all’inizio del secolo scorso Maria Montessori aveva sviluppato la sua metodologia educativa centrandosi su questo aspetto, proponendo un semplice motto che in cinque parole sintetizza il suo pensiero:  “Aiutami a fare da solo”. 

Autonomia (“Fare da solo”) per un bambino vuol dire imparare a conoscere le proprie capacità e i propri limiti, avere la possibilità di sperimentare e sbagliare e dunque imparare dai propri errori, imparare a perfezionarsi, costruirsi una sana autostima e infine, crescendo, diventare sicuro di se stesso.  Non è, però, sinonimo di abbandono.  La prima parola del motto montessoriano (“aiutami”) è un richiamo al sostegno di un adulto, a volte inteso come presenza a volte no, ma che in ogni caso deve rassicurare, servire da modello, offrire la sua fiducia.  Per la Montessori il ruolo dell’ adulto non è quello di stare “al servizio”(sostituirsi, fare al suo posto) dei bambini ma “a disposizione” (pronto a tendere una mano quando serve). 

Con questa prospettiva educativa in mente l’ambiente, lo spazio, gioca un ruolo fondamentale.  La Montessori infatti parlava di un “ambiente educativo”, un ambiente che in se stesso funge da conduttore, da stimolo, da guida nello svolgimento delle diverse attività che il bambino realizza e dove la figura dell’adulto diventa invece mediatore tra l’uno e l’altro.  Si tratta dunque della concezione di un bambino attivo, artefice della propria educazione attraverso la sperimentazione di un ambiente adeguato e l’uso di un materiale appropriato, avendo come riferimento il modello di un adulto.  Se volete approfondire su questo argomento potete leggere la trilogia che ho pubblicato sul mio blog:  “verso un ambiente educativo” 1/3; 2/3; 3/3.

Ci sarebbe molto da scrivere su come organizzare una casa in modo da tenere conto dei bisogni dei bambini e di far sì che questa diventi “un ambiente educativo”.  In questa rubrica mensile cercherò di approfondire, ambiente per ambiente, quali sono, dal mio punto di vista, gli aspetti fondamentali da tenere presente per cercare di riuscirci.  Qui non cercherò di offrirvi input da un punto di vista estetico o di stile.  Do per certa l’affermazione che la bellezza sia importante e che sia giusta l’idea di “educare al bello”, ma i criteri di selezione per me non sono tanto valutati in base all’estetica quanto alla proposta educativa che ogni scelta implica, che non è scontata e che dovrà essere consapevole e responsabile non solo per il neonato ma anche per le ricadute che questa avrà sugli altri membri della famiglia.

Tratterò non solo l’argomento della cameretta ma cercherò di percorrere gli spazi abitativi passando dalle stanze al bagno, al soggiorno, alla sala da pranzo,alla cucina, al balcone, all’ingresso, all’angolo delle pulizie, ecc. Insomma, un’immersione nel quotidiano che intende interrogarsi su come viviamo i nostri ambienti e come possiamo migliorarli per farli diventare accessibili, amichevoli ai più piccoli. 

Non perdetevi il primo post:  La cameretta. Parte 1: Fare la nanna.

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