...perché l'ornamento non è un delitto.


12.3.13




L'altro giorno mi sono trovata davanti al astuccio di mia figlia da lei completamente disegnato.  Quello che porta a scuola, pieno di matite e pennarelli.  Era nuovo, appena comprato.

io:  "Marta, ma perchè l'hai fatto?, era così nuovo, bello, l'hai rovinato!"
lei:  lo sapevo che ti sarebbe dispiaciuto.
io:  Ma perchè l'hai tutto scarabocchiato?
lei:  Non l'ho scarabocchiato, l'ho "decorato"!
io:  ma così è brutto.
lei:  per me è più bello.

(davanti a questa risposta sono caduta in pausa riflessiva, rimasta in silenzio)...

Quando ero ragazza e studiavo all'università molte volte mi capitava di fare lunghi viaggi in macchina con mio padre per diversi motivi.  Spesso per alcuni tratti restavamo in silenzio noi due, ognuno assorto nel proprio pensiero, nella propria contemplazione.  Io mi dilettavo a guardare il paessaggio, la forma delle colline, le diverse tonalità di verde degli alberi, i piccoli paesi che incontravamo lungo il nostro percorso.  Sicuramente li guardavo da un punto di vista formale, quasi compositivo, come se cercasse di individuare una sorta di armonia estetica tra tutti gli elementi.  Capitava allora che mio padre mi interrompeva:  "Queste torri sono state costruite nel 1960, fannno parte della linea di alta tensione di 400.000 W.. ecc ecc".  All' improvviso queste parole mi portavano di colpo fuori dai miei pensieri, e verificavo con stupore come questi elementi io non li avevo proprio visti e presi in considerazione, nonostante credesse di fare una accurata osservazione del paessaggio.  La mia unica conclusione era sempre una, probabilmente molto banale:  "ognuno guarda le cose con gli occhiali della propria storia".  Occhiali "correttivi", s'intende.  E così le nostre "formazioni", la mia come architetto e quella di mio padre come ingegnere elettrico, ci hanno impreso indelebilmente una sorta di "deformazione" percettiva della realtà che ci sta attorno. 

Questa è solo una costatazione.  Adesso andiamo al punto.



Dunque dalla mia "deformazione" professionale tra molte cose ce ne una che posso certamente individuare:  l'amore per le linee pure, per la valorizzazione dell'esenziale, per la chiarezza funzionale dei componenti di un oggetto o un edificio, per il desdegno del superfluo.  E fino a qui tutto va bene.  Sono figlia dell'architettura moderna, s'intende.  Sono anch'io figlia di Adolf Loos e del suo famossisimo saggio:  "Ornamento e delitto".  

Pubblicato nel 1910 queste due pagine di scrittura semplice e scorrevole segnano un passaggio epocale nell'architettura, naturalmente come conseguenza della nascente produzione industriale.  Aprono una via dove si privilegia l'utilità della produzione di oggetti di forma semplie e funzionale, dove l'assenza di ornamento è un segno distintivo di raffinatezza e non di povertà, un segno di "forza spirituale".  L'ornamento viene così messo in disparte, assieme ai "uomini primitivi", quelli pieni di tattuaggi che riempiono i carceri, o agli esseri con "istinti primari", come i bambini.  

Bene.  Ovviamente non voglio entrare nel merito di un testo pubblicato più di un secolo fa.  Volevo solo raccontare brevemente il mio bagaglio personale per lasciarvi immaginare le deformazioni dei miei "occhiali correttivi".  Quando mi sono trovata davanti alle decorazioni di Marta  inmancabilmente mi è venuto alla memoria questo testo, da me lungamente studiato all'università.




La cosa che mi ha sconvolto di più è che non si tratta in effetti di "scarabocchi" ma di una idea ben definita di, appunto, "decorazione", con tanto di simmetria, di figure centrali, di elementi ripetitivi, di ritmo, ecc.  Ho anche notato poi in diversi oggetti suoi la presenza di questi "ricci", un motivo dunque che spesso ripropone e che, vi posso assicurare, almeno a casa mia non ha mai trovato da nessuna parte. 

Per lei, a pocchi giorni da compiere sette anni, l'ornamento è sinonimo di abbellimento.  E certamente non è un delitto!. 

10 commenti:

  1. ... una delle cose che mi piace di più di avere figli è che loro riescono come nessun altro a mettere in discussione le proprie certezze... ;)

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  2. capisco quello che dici, i bambini hanno un modo di osservare il mondo lontanissimo dal nostro, meno condizionato e più aperto, prima di tutto a se stessi.
    sono anch'io architetto e, in termini di gusto estetico, anche io prediligo nettamente le linee semplici, i disegni "puliti" ed essenziali. ma se ci pensi dal loro punto di vista questi oggetti possono risultare fin troppo semplici, poco riconoscibili, poco personali!
    ho due bimbi e riconosco in loro la sensazionale capacità di osservare, modificare, muoversi spinti soltanto dal loro primo istinto: quello di trovarsi. e ti aprono ad un mondo meraviglioso e insospettato!
    se ti va, vieni a trovarmi sul mio blog
    (http://ioimparoconlafelicita.blogspot.it/)
    io intanto ti seguo! un abbraccio e a presto, serena

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    1. Grazie Serena... vedo che siamo in sintonia... come a te mi piace non solo vedere gli oggetti dei bambini in quanto oggetti "belli" per noi (adulti), ma indagare invece sui loro interessi, sul loro mondo... certo che ti seguo... il titolo del tuo blog è molto invitante!. a presto, Adriana.

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  3. interessante e tenero...gli ornamenti di tua figlia sono molto belli.

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    1. Grazie!... spero solo di non trovarmi un giorno il tavolo della sala prnazo "decorato"... ;)

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  4. Da collega ci capiamo perfettamente e da mamma pure! Mi ritrovo molto in quel che dici! La maternità arricchisce la nostra visione, smussa gli angoli e ci ricorda che il punto di vista non è mai uno solo!
    Felice che ci siamo trovate e grazie dei bei messaggi! Ti seguo anch'io.
    A presto

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    1. Grazie Clara... sono molto felice di trovare altre donne con le quali mi sembra di avere tante cose in comune... dunque restiamo in contatto!.

      A presto, Adriana.

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  5. Ciao! Ma che tenera tua figlia!
    E non ci è nemmeno rimasta male che le hai detto che il suo ornamento è brutto! :)

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    1. Si, in effetti è forte mia figlia, a volte mi sembra spaventosamente lucida e saggia e quasi sempre arrivo alla conclusione che aveva ragione lei!

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