Una delle cose che mi manca di più da quando sono mamma è la possibilità di leggere come un tempo facevo. Dopo tutto il tram tram con i gemelli quando finalmente dormono ed io riesco a seguire il rituale della notte con Marta (lavata dei denti, pigiama, e un capitolo del libro in corso) non mi resta che buttarmi sfinita a letto e raramente ho le forze per prendere il libro dal comodino prima di chiudere gli occhi. Non è successo così però con questo libro. Mi ha appassionato fin dalle prime pagine perché offre nella sua semplice lettura una proposta (urbana) rivoluzionaria di "vero civismo" e spunti di riflessione preziosi per un genitore oggi.
Senza essere nostalgico il libro affronta il distacco tra la città di un tempo, dove i bambini potevano muoversi liberamente e dove erano in grado di crescere grazie alle proprie esperienze senza la mediazione ed il controllo degli adulti, e la città di oggi che "ha rinunciato ad essere un luogo di incontro e di scambio e ha scelto come nuovi criteri di sviluppo la separazione e la specializzazione". Il risultato è la solitudine degli adulti, degli anziani ma soprattutto dei bambini, privati del loro diritto al gioco libero nei posti "pubblici" e destinati a dipendere sempre di più dai propri genitori, carichi di impegni e di lavoro. La proposta è quella di pensare ai bambini come sono: cittadini, e di porre come cittadino medio per il quale la città viene pensata non all'adulto ma proprio al bambino. Questo nella convinzione che se la città è adatta ai bambini è adatta a tutti: agli adulti maschi e femmine, agli anziani e alle persone diversamente abili. Vi consiglio vivamente la lettura!.
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