Molti di voi lo avete visto nascere tra gli sguardi curiosi e diffidenti dei passanti. Forse avete seguito giorno dopo giorno i suoi progressi, e vi siete chiesti, come noi, da dove veniva fuori questo singolare nuovo vicino del quartiere.
Si tratta del murales più alto di Roma, una parete cieca alta 30 mt. ultimato qualche settimana fa (per la precisione il 24 ottobre) dagli ETAM CRU grazie al progetto "Street Art" della Galleria Varsi a cura di Marta Gargiullo e Massimo Scrocca.
Ogni mattina i miei bambini ed io lo saluttiamo mentre facciamo il nostro percorso per andare a scuola. Osservo divertita la reazione delle persone, chi lo trova simpatico, chi meraviglioso, chi brutto, chi preferiva il muro al nudo, nel suo silenzioso anonimato.
Mentre lo guardo penso a quanto è azzecato, a quanto è sottile e pungente la sua ironia, quasi da renderlo al tempo stesso amichevole e insopportabile, simpatico e profondamente sgradevole, familiare e quotidiano nella sua spensieratezza ma in una situazione estrema per la quale sentiamo un profondo rifiuto.
Esce indisturbato da una pattumiera, questa, forse, è la sua dimora, tra rami secchi e buste dell'immondizia e il suo sguardo si perde nel vuoto mentre regge con una mano la sua tazza fumante. A giudicare dal coperchio sulla testa sembra che l'uomo sia appena uscito dal suo secchio-abitazione, che abbiamo colto il suo saluto al nuovo giorno mentre ancora si prepara per affrontarlo. La luce orizzontale e arancione ci fa dedurre che la scena si svolge di prima mattina, ma l'uomo offre le spalle alla luce, non sembra interessarsi al nuovo giorno che comincia, il futuro non gli appartiene. Sembra che ha quel che gli serve per vivere: una colazione calda e un pallone da calcio, cioè il mezzo per evadere la sua realtà forse miserabile e mediocre.
Non si tratta di un barbone: il suo viso rasato e il suo camice bianco con i bottoni perfettamente legati evidenziano una certa cura, ci parlano di una persona per bene. E' un cittadino qualunque, cioè, potrebbe essere qualcuno di noi...
E non siamo proprio noi messi così?. Non è questo forse uno specchio crudele della nostra situazione urbana, oramai tanto abituata al degrado da non voler più vederlo?.
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